Pete Judge è quello che si dice un musicista poliedrico, non solo per la varietà delle scelte artistiche intraprese ma soprattutto per la facilità con cui mescola il suo gusto e la sua arte a generi musicali molto distanti tra loro. Dal quartetto jazz-rock Get The Blessing (nel 2008 il loro All is Yes ha vinto i BBC Jazz Awards come miglior album) alla formazione acustica Three Cane Whale, il minimo comune denominatore dei progetti che lo vedono coinvolto è la sperimentazione.
La carriera solista di Pete Judge comincia all’inizio del 2019 con Piano, registrato in un’unica notte per la platea deserta di St George Bristol, una chiesa sconsacrata del 1820 ora adibita a location per concerti. Un anno dopo il polistrumentista di Bristol torna con Piano 2 registrato il 10 gennaio 2020 sempre alla St George Bristol, sedici brani la cui durata va dagli uno ai cinque minuti, missati da T J Allen (Anna Calvi, Portishead, Bat for Lashes) e masterizzati da Jim Barr. Entrambi i dischi sono stati suonati utilizzando il pedale del “piano” per tutta la durata dell’esecuzione, una modalità inizialmente utilizzata da Judge per non disturbare i vicini durante le sue esercitazioni casalinghe; da qui il titolo degli album. Ma ‘Piano’ non sta solo a colorare l’intensità di un suono: è la maniera in cui la musica tocca le storie che vuole raccontare.
I titoli dei brani rimandano alle fotografie di una campagna in bianco e nero, pretesto per aprirsi all’intimità del racconto, che non è una confessione quanto piuttosto un compagno di vita. I personaggi vengono evocati con delicatezza, sollecitati a raccontare storie diverse e liberatorie. I fraseggi di pianoforte si muovono con premura per disegnare le fragilità della vita. La leggerezza è sia nel modo di esprimersi che nell’oggetto della narrazione: una natura delicata, che si spezza se non viene intrappolata nelle giornate di un affresco.
Il silenzio della chiesa di St George Bristol e l’assenza di pubblico sono la prerogativa dell’ascolto e dell’incontro con se stessi, il luogo in cui la musica vive da origine all’atto creativo e ne fa parte. Ascoltando Piano 2 di Pete Judge si prova il sollievo per quello che è stato, un capitolo concluso, uno spaccato personale che è sempre lì, per farsi raccontare e per svelare ancora parti di sé. La musica entra nel paesaggio e lo muove, aprendo una breccia nella nostra distrazione: commuove riuscire finalmente a vedere quello che abbiamo davanti agli occhi.
Il senso dell’evocazione bucolica contenuta nei titoli di Piano 2 si schiude completamente ascoltando il brano finale, Song of rescue, un invito a salvare le piccole cose fragili che fanno parte del nostro ecosistema, inteso non solo come ambiente naturale ma anche come paesaggio interiore, quel particolare disegno creato dal tempo e dall’esperienza, legato alla natura da un senso di appartenenza tutto umano.
Tracklist:
- West-running brook
- Stonecrop
- The darkening hills
- It pains the lips to think of bugles
- Frond three
- Cruc
- Brute angels
- Spoor
- The lost traveller’s dream under the hill
- Gurney’s oak
- Sprig
- Red Bank
- Purr
- Prospect Stile
- Wheatfield with crows
- Song of rescue
Mi piace bene la musica di Pete Judge e Piano e bellissima.