L’anima non conta è il secondo singolo estratto dall’album La terza guerra mondiale degli Zen Circus, uscito lo scorso 23 settembre per la Tempesta. Un disco che al di là dei consensi della critica regala nuove sfumature all’espressività punk-rock della formazione toscana. Ed è un giro nell’Italia che vorremmo diversa.
“Se i testi sono molto personali o esulano dal nostro linguaggio non vengono finalizzati perché la canzone deve rappresentarci al 100%, sia dal punto di vista del sound che del testo”
Questione di lavoro di squadra
La nascita del brano è stata inevitabilmente in stile Zen, perché dopo la proposta iniziale si sceglie tutti insieme: “La canzone è nata da una suggestione di Andrea che ha incontrato anche il nostro consenso. Se i testi sono molto personali o esulano dal nostro linguaggio non vengono finalizzati perché la canzone deve rappresentarci al 100%, sia dal punto di vista del sound che del testo”. Fuori o dentro quindi, e in questo caso è stato dentro. Una scelta che è stata corroborata anche dalla voglia di mettersi alla prova e tentare nuove strade: “Ci piaceva l’idea di cimentarci nell’approccio musicale della ballad, diverso da quello che tipicamente ci contraddistingue. Ci ricordava una certa commistione che c’era negli ’60 tra il cantautorato e le basi soul. Un Fausto Leali filtrato attraverso Jack White”.
Non solo Martin Eden
Quello di L’anima non conta è forse il testo più rappresentativo dell’intero album per la capacità di convogliare la potenza di più rappresentazioni esistenziali in un unico canovaccio rock-soul. Le parole sono state cucite sopra una parte musicale venuta di getto e non c’è stato bisogno di modifiche rispetto alla prima versione: “La struttura del testo ci ha subito colpito perché aderiva perfettamente alla musica. Buona la prima!”. Ma non cadete nel tranello dell’ispirazione romantica, che il territorio qui è sempre punk-rock. Alla mia domanda ‘Cos’è che ha ispirato il testo? se ne avete parlato’ Ufo risponde: “Sicuramente una sbornia presa a male!”
Ma poi si prova a tornare seri, Ufo spiega che il brano ha tante suggestioni e tante chiavi di lettura, anche se:“Io inizialmente pensavo che fosse la storia di una che si annegava, poi ho pensato al romanzo Martin Eden. E ci starebbe anche bene. Poi Andrea mi ha detto ‘no, no, assolutamente non parla di suicidio, non hai capito, è una cosa più ampia, di più ampio respiro.’ A seconda di come lo leggi lo vedi in tanti modi.”
“ma il sole risorge ogni giorno e ogni giorno i ragazzi al parco si fanno
giù da questo scoglio, giù nel mare in verticale
giù e poi nuotare, non c’è altro da fare, senza bestemmiare, zitto e non fiatare tanto l’anima non conta
tu libera e felice vai, mi ritrovi dove sai” (L’anima non conta, The Zen Circus)
Soul vs Punk-rock
Il brano è stato registrato nello studio 360 Music Factory del Teatro C di Livorno. “Abbiamo cercato di semplificare il lavoro avendo sala prove e studio di registrazione nello stesso posto, a Livorno, che era comodo per tutti”.
L’intento era quello di costruire un brano che rientrasse nei canoni della ballad soul evitando con cura qualsiasi tipo di suono che potesse dargli un sapore scontato e didascalico. Ma la voglia di sperimentare ha generato qualche equivoco: “Ci siamo ingegnati per dargli una tonalità più virata verso il rock con molti affondi di chitarra. Purtroppo qualcuno ha equivocato e ha tirato in ballo accostamenti improbabili, come ad esempio Ligabue. Noi intendevamo solo fare una ballad con un temperamento il più soul possibile”.
In fase di registrazione la lavorazione in chiave blues ha richiesto del tempo, sia per la voce che per il basso: “La parte vocale di questo brano è molto impegnativa. Anche io per suonare il basso mi sono dovuto concentrare più del solito. Nasco come punk-rocker e ho un tocco molto più aggressivo invece qui bisognava andarci più con le dita, stare sui beat, essendo lo stile anni ’60 molto più appoggiato”. Difficoltà ma anche divertimento, altrimenti si cambierebbe mestiere: “La parte che mi sono divertito di più a registrare è stata quella del bridge, per il fatto che ha una ritmica che è tipica del soul. Solitamente tendo a suonare arrangiamenti più alla Pixies”. Per registrare L’anima non conta, Ufo ha usato un Fender Precision “nemmeno un modello di grande valore” dice, “però un basso che in linea si comporta molto bene e che fa la sua porca figura”.
“Mi è piaciuto perché è il classico video che dici ‘ci piace ricordarci così.’ Che se moriamo ora è il video più bello che potevi fare”
Postumi da neorealismo psichedelico: il video
Sonorità blues a parte, la fase della registrazione è stata piuttosto semplice. La stessa cosa non si può dire per il video, girato da Jacopo Farina tra Pisa e Livorno:“In studio c’era un’atmosfera normale, ormai siamo come quelle coppie sposate da molto tempo. Il delirio più grosso è stato il video. Perché al regista, Farina, gli è preso questo trip del realismo psichedelico, come lo chiama lui. Ti obbliga a passare due tre giorni in giro mentre ti riprende, aspettando che succeda qualcosa e che la faccenda degeneri. Ci ha obbligato a girare per tre giorni tra Livorno e casa mia, pungolandoci continuamente e facendo il lucignolo della situazione: ‘dai spacca quello, dai fuoco a quello dai, bevete’, sicché un paio di risse sono anche vere”. Lontano dai lustrini dei video musicali tradizionali, Farina ha guidato la band in una situazione bizzarra di cui non mancano gli aneddoti “Non mi sarei mai immaginato di fare un video con tanta libertà. Per fare la scena del cimitero abbiamo dovuto scavalcare perché era abbandonato e in pieno giorno non è stato né comodo né facile”.
Ci sono video che si incollano perfettamente alla visione del pezzo, altri, come questo né completano addirittura il significato: “C’è anche tanta melanconia. Mi è piaciuto perché è il classico video che dici ‘ci piace ricordarci così.’ Che se moriamo ora è il video più bello che potevi fare”.
“Un pezzo per registrarlo in un certo modo devi prima rappresentarlo, te lo devi sentire addosso in una certa maniera”
Dalla parte del musicista
“Per noi è stato un esperimento, una prova che dovevamo fare, e siamo contenti di come è andata”. Mi dice alla fine Ufo.
E poi, dopo registrazione, missaggio e video, cosa rimane di un brano nella vita di chi l’ha creato? Sicuramente l’essersi confrontati con un genere diverso dal solito, l’inedito lato rhythm and blues degli Zen Circus ma anche un approccio che richiede più presenza emotiva:“Il brano mi ha trasmesso qualcosa che va al di là dello scazzo e del divertimento di Nati per subire o di Andate tutti a fanculo. Qui c’era da metterci un po’ più di sentimento. Un pezzo per registrarlo in un certo modo devi prima rappresentarlo, te lo devi sentire addosso in una certa maniera. Tutta un’altra tappa rispetto agli altri dischi, quindi l’emozione ti resta. E’stato molto bello”.
Un pezzo che è anche la volontà di andare oltre la retorica dei dischi precedenti, che in fin dei conti slega la band dal suo stesso cliché e le fa incontrare nuovi spazi musicali.
E il risultato è una delle più belle ballad italiane degli ultimi vent’anni.