7. Fleet Foxes, Crack-up (Nonesuch, folk-rock)
Niente a che vedere con le sonorità panciute di Helplessness Blues o di Fleet Foxes. Un ritorno alla natura che è più ricerca che voglia di perdersi. Raffinato e coraggioso
6. Jay Som, Everybody works (Polyvinil/Double Denim, bedroom pop)
L’album di consacrazione della polistrumentista ventiduenne Melinda Duterte. Un debutto che allarga i confini di un genere. Intimista e lucido.
5. Laura Marling, Semper Femina (More Alarming, folk pop)
Il sesto album dell’artista inglese è una morbida discesa nelle cavità della psicologia femminile. Una voce che diventa sempre più distante e perfetta per arrangiamenti che evocano la sospensione del mito. Melanconico e sofisticato.
4. Big Thief, Capacity
Il secondo disco dei Big Thief è una collezione di racconti fotografici incompleti. Il desiderio di trovare una soluzione alle proprie inquietudini allarga il cuore e lo sguardo. Raccontare storie è l’unico modo per salvarsi. Evocativo e invadente.
3. Slowdive, Slowdive (Dead Oceans, shoegaze)
Un ritorno tanto atteso della band di Reading che ha reinventato i codici dello shoegaze. Nostalgico e subacqueo.
2. LCD Soundsystem, American Dream (DFA/Columbia, post-punk)
American Dream è la storia di una sconfitta e di una vittoria, è una moneta a due facce, è la contraddizione della bellezza che guarda allo specchio la sua fine imminente. Un piccolo capolavoro post-rock che dal 2017 passa alla storia. Prepotente e disilluso.
1. The War on Drugs, A deeper understanding (Atlantic,
Adam Granduciel cura il suono fino al limite della perfezione. Meticoloso e ispirato.